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su Dovadola


 

Il castello di Dovadola

La prima menzione di un castrum a Dovadola risale al 1124; purtroppo, come spesso avviene, non si riferisce alle murature attuali, significa solo che vi si trovava un paese fortificato dotato di specifica giurisdizione, senza necessariamente possedere un castello in senso proprio. Dalla fine del XII alla metà del XV secolo il castrum ed il relativo castello, dal momento della sua apparizione, sono generalmente in possesso dei conti Guidi e subiscono varie conquiste: nel 1351 e nel 1395 per mano degli Ordelaffi. Anche nel Quattrocento Dovadola è assediata più volte, con varia fortuna; dopo la metà del secolo entra a far parte della Romagna Fiorentina e ne segue le sorti.

Il paese si trova su un'altura posta trasversalmente al corso del fiume che rende la posizione particolarmente adatta al compito di sbarramento vallivo, ciò che spiega le fortune di Dovadola, tradizionalmente Duo vadora, i due guadi, ma anche le sue tormentate vicende. Il castello è posto all'estremità libera del rilievo e lo scavo di un'enorme trincea per raddrizzare il corso della strada statale lo ha isolato dal centro abitato, ma si progetta di ricostituire il profilo naturale con apposite opere edili nel corso degli attuali lavori di restauro, effettuati dall'arch. Lamberto Giannelli, che ringraziamo per i rilievi e la collaborazione.

Osservando la pianta si nota come il castello consista in tre compartimentazioni scalate su tre quote: la prima corte, d'ingresso, la bassa corte, a quota inferiore, e la corte interna, a quota massima. Attualmente per accedere alla torre maestra occorre quindi entrare nella prima corte, percorrere tutta la bassa corte, salire mediante una rampa lineare alla corte interna ed innalzarsi nuovamente mediante una scala a chiocciola ricavata nello spessore della muraglia verso valle.

La torre maestra separa la prima corte, sulla quale si apre l'ingresso principale, dalla corte interna, schermata verso valle da un'enorme muraglia, mentre resta esposta sul lato verso la Toscana. La poderosa cortina è difesa alle estremità da due tipici torrioni della seconda metà del Quattrocento, posti alle estremità a protezione contro attacchi provenienti dal basso corso del fiume. Anche il terrazzamento inferiore è aperto verso monte ed è fiancheggiato da lato da un risguardo a gomito della muraglia; forse sul fianco opposto se ne trovava uno simile, come suggerisce la planimetria, ma le murature sono state rimaneggiate per ricavarvi un edificio funzionale piuttosto tardo.

Nel castello si riscontrano due caratteristiche eccezionali: la torre maestra di epoca piuttosto alta, con dotazioni residenziali di straordinaria completezza e conservazione, e la sostanziale unidirezionalità delle attuali difese verso valle, che rende il castello assimilabile al tipo dello "schildmauer".

"Schildmauer" per gli studiosi di area franco tedesca è un ostacolo sostanzialmente passivo che scherma il castello verso l'unica possibile provenienza dell'attacco, ponendo al proprio riparo tutte le strutture residenziali. In Italia è rarissimo, se ne trovava uno nel castello vecchio di Duino, del resto non lontana dalle aree di cultura germanica, mentre è più diffuso in Francia; non è possibile comprendere se si tratti di una reinvenzione degli architetti fiorentini inviati ad assicurare la sicurezza delle comunicazioni verso la Romagna o di un'imitazione di modelli transalpini.

 

Il castello signorile

Appare probabile che seguisse l'attuale suddivisione in due livelli scalati in altezza con la corte superiore suddivisa in due parti ineguali dalla torre maestra, mentre la bassa corte era al livello inferiore, secondo una disposizione riscontrabile, raddoppiata, anche a Romena (AR). Nelle corti, con ogni probabilità, si trovavano gli edifici di servizio, scuderie, magazzini, fienili, depositi di armi e materiali ed alloggi per la guarnigione. Di questi edifici, plausibilmente in legno, si potrebbero trovare le tracce con appositi scavi archeologici.

Il mastio è alto quasi trentun metri, sviluppa in pianta circa nove metri per sette e mezzo, con pareti di 1.45 sui lati maggiori e di 1.35 metri sui lati minori, al quarto livello; all'esame delle caratteristiche costruttive, appare tipicamente duecentesco: la regolarità di esecuzione delle murature, i corsi di pietra isodomi, il minimo spessore dei letti di malta e le mensole laterali degli architravi, per ridurne la luce libera d'inflessione, conducono univocamente a questa attribuzione cronologica. Verso monte, però, nella specchiatura di una bella porta d'accesso al balcone, sormontata da un arco di scarico ogivale con ghiera di spessore variabile, altra caratteristica duecentesca, è incisa la data del 1335. Poiché la porta non sembra inserita per rottura, la data potrebbe essere stata apposta su una muratura preesistente o indicare l'anno di costruzione dell'intera torre. Propendiamo per la prima ipotesi, fidando nelle menzionate considerazioni tipologiche, che si sono in più occasioni dimostrate assai affidabili, ma non possiamo escludere la persistenza di una pratica muratoria attardata.

L'accesso alla torre, dalla corte interna, si apre sull'alloggio del corpo di guardia/personale domestico. Vi si trovano le consuete predisposizioni residenziali: un lavello incassato con ripiani superiori ed a fianco un'altra nicchia a ripiani, forse per riporre gli utensili da cucina, il camino, una finestra architravata con gli scassi per due successivi infissi, ognuno con la sua battuta, fermati da sbarre trasversali. In un angolo una scala a chiocciola assicura le comunicazioni verticali. A questo livello si trova il balcone già menzionato, che, con ogni probabilità, costituiva il pianerottolo di sbarco di una scala in legno esterna, principale via d'accesso al mastio in epoca Guidi, quello secondario essendo fornito dal possibile passaggio fra la camera signorile ed il cammino di ronda della cortina adiacente. Supponiamo che in seguito i Fiorentini abbiano alloggiato il castellano nella camera signorile, posto inferiormente il suo personale domestico, aperta la porta e costruita la scala a chiocciola attuale; la vecchia porta e le mensole del pianerottolo, ormai inutili, furono utilizzate per porvi un balcone. Negli ambienti residenziali del mastio non si trova segno di servizi igienici, che erano certamente presenti, ma sono evidentemente stati nascosti dalle modifiche intervenute nel corso dei secoli.

Al piano inferiore si trova un vano voltato, probabilmente un magazzino. Al piano ancora inferiore un secondo vano di immagazzinamento. Al livello più basso la torre è divisa in due, un vano voltato, probabilmente un deposito di cereali, ed una parte apparentemente piena, ma nella quale è probabile si scopra una cisterna d'acqua, come appureranno i lavori attualmente in corso. Le torri maestre, infatti, sono usualmente dotate di scorte idriche autonome ed all'esterno, in corrispondenza del volume occluso, si trova un'apertura molto simile ad una bocca per l'attingimento d'acqua.

Salendo dal corpo di guardia si incontra una "camera" signorile di straordinario interesse: un camino d'angolo, nicchie murali con scassi per gli sportelli e le relative cerniere e persino i ganci in ferro alle pareti per appendere la tappezzeria, arazzi o pannelli di cuoio damaschinato, che evidentemente decorava l'appartamento signorile. Un'apertura verso l'esterno, ora murata, sembrerebbe indicare la passata presenza di un accesso esterno sul cammino di ronda del muro verso valle, evidentemente all'epoca di quota superiore all'attuale, ma le tracce murarie potrebbero anche riferirsi ad una latrina pensile. Una finestra conserva l'inferriata, apparentemente medievale e forse risalente addirittura al periodo Guidi. Non sorprenda questa affermazione: il ferro battuto medievale è noto per la sua resistenza alla corrosione, che si propaga per piani paralleli alla superficie, ritardando la penetrazione in profondità.

Al di sopra, un basso vano voltato, che supponiamo destinato a conservare beni di particolare valore, forse il guardaroba, o archivio e tesoro o forse l'armeria.

Da qui si può salire alla sommità, che potrebbe essere stata dotata di torricino assiale, ma più probabilmente era a terrazza, eventualmente coperta a tetto.

 

La rocca fiorentina di sbarramento vallivo

A valle il fortilizio è protetto, come già accennato, da due tipici torrioni cilindrici della Transizione, opera dei Fiorentini, come denunciato anche dalla presenza di una cordonatura allo spicco dei beccatelli, indizio di mano toscana. I torrioni sono muniti di bombardiere quattrocentesche classiche a pianta trapezia, accessibili dalle consuete casamatte a pianta circolare coperte con volta a cupola emisferica. Particolarmente suggestivo è l'accesso alla casamatta inferiore del torrione nord, con una scala lineare che parte dalla corte principale a destra della porta. Sono evidenti le predisposizioni per i portelli di sbarramento dei corridoi che collegano le bombardiere alle casamatte; chiusure forse suggerite più dal desiderio di evitare continue correnti d'aria che da considerazioni difensive. Le bombardiere, col consueto foro a toppa rovescia per il passaggio della volata, mostrano ai lati scassi a scivolo per la sbarra di ritegno del rinculo delle bombarde.

Come si è detto la rocca, perché in epoca fiorentina la fortificazione perde le caratteristiche di dimora signorile, è conformata a "C" e protetta ai lati, verso l'alto corso della valle, da un risguardo smussato, la torre sud in figura, munita anch'essa di bombardiere. Una simile soluzione, testata di una cortina con difese su tre lati, si trova nell'adattamento borgiano della rocca di Nepi e nel vicino fortilizio di Castrocaro.

Le principali modifiche tardo quattrocentesche si possono quindi riassumere così:

1) Conferimento delle caratteristiche di unidirezionalità alle difese.
2) Aggiunta dei torrioni e delle torri perimetrali.
3) Ingrossamento del muro a valle della corte interna e, in un secondo momento, inserzione della scala a chiocciola d'accesso al mastio.
4) Inserzione di bombardiere nelle murature preesistenti.

Il castello Guidi di Dovadola, poi rocca fiorentina, ci sembra una delle fortificazioni medievali meglio conservate e più interessanti di tutta l'area romagnola. Entrambe le fasi principali sono perfettamente leggibili ed in grado di fornire chiara ed esauriente dimostrazione delle tecniche difensive e domestiche della rispettiva epoca; ci auguriamo quindi una rapida conclusione degli attuali lavori di restauro e l'apertura al pubblico, che, non dubitiamo, apprezzerà al giusto valore questo straordinario monumento, soprattutto se adeguatamente illustrato sul posto. Riteniamo infatti che molte delle particolarità sopra riportate possano essere apprezzate dai visitatori, ma non si può pretendere che la mitica casalinga di Voghera possa autonomamente notare e comprendere la funzione di tante caratteristiche, ad esempio i ganci di sostegno per la tappezzeria parietale della camera signorile o la fontanella murale alla base del mastio.