MAIOLETTO
(PESARO URBINO)


 

La rocca di Maioletto si trova sulla sommità di una formazione rocciosa posta al centro della valle del Marecchia, in posizione assai felice perché naturalmente protetta dalla natura: tre lati a strapiombo ed un pendio assai ripido sull’altro. Nonostante ciò il tratto impervio era ristretto alle immediate vicinanze della rocca, mentre all’intorno le pendici della valle sono abbastanza dolci da consentire una proficua coltivazione ed agevoli comunicazioni, il che assicurava alla rocca ed al relativo centro abitato le basi indispensabili della sussistenza economica, contrariamente, ad esempio, di quanto avvenne nel vicino Sasso Simone, che scomparve per la mancanza di un’economia vitale all’intorno[1]. La dominanza del sito, infine, consentiva un avvistamento a lunga distanza di eventuali pericoli e quindi il tempo per dare l’allarme e porre al riparo persone e beni.

[1] Cfr. E. COPPI: La fortificazione del Sasso Simone, in “Studi storici Montefeltrani”, 5, Società di Studi Storici per il Montefeltro, S. Leo, 1975.

 

 
 

La rocca occupa la cresta del rilievo ed è quindi costretta ad assumere una pianta assai allungata, come nei vicini castelli di Verucchio[1] e San Giovanni in Galilea, ma non pensiamo che ciò abbia altro significato oltre all’adeguamento alla conformazione orografica.

La cortina è fiancheggiata da due torri a puntone T1 e T2 che si possono senza esitazione attribuire a Sigismondo Malatesti, per la perfetta analogia dimensionale e morfologica coll’esemplare superstite di Pennabilli, che sappiamo per certo sigismondeo. Entrambe le torri sono in pietrame irregolare, con scarpa piuttosto ripida, priva di redondone, e solai con volte a botte, forate dalle botole per l’accesso al piano superiore.

Al piano terra si trovano bombardiere del tipo quattrocentesco classico[2], con foro per la volata privo di traguardo di mira e senza camino per l’evacuazione dei fumi, a conferma di una datazione al terzo centrale del XV secolo.

L’interno della rocca è attualmente invaso dalla vegetazione ed i ruderi sono illeggibili: una ripulitura consentirebbe già qualche ipotesi più consistente sugli edifici interni. Nella corte c2 si apre la bocca di una grande cisterna per l’acqua, il che suggerisce una guarnigione piuttosto numerosa, ed è ancora ben conservato il relativo filtro, identificabile con certezza per le ridotte dimensioni e l’intonacatura interna a cocciopesto.


[1] Per la classificazione e le caratteristiche delle bombardiere vedi D. PALLONI: La Transizione, in M. MAURO: Rocche e bombarde fra Marche e Romagna nel XV secolo, Adriapress, Ravenna, 1995, pp. 22-29.


[2] D. PALLONI: Il riuso del castello di Verucchio: un approccio graduale, in: A. CALDERAZZI, G. CATALDO, (a c. di): Per un riuso delle opere fortificate nel territorio, Atti del Convegno Nazionale 1994, Mario Adda, Bari, 1997, pp. 177-182.

 

Nelle stampe riportate da Franciosi e Gosti[3] vediamo tracciata una interessante compartimentazione; in cima, ovviamente, la rocca, con ingresso nella corte c1, a metà costa un secondo recinto che racchiudeva un’ampia area scoscesa quasi priva di edifici, probabilmente la cinta dell’abitato più antico e successivamente la zona di rispetto della rocca; infine la vera e propria cinta urbica del paese, con due porte e sei torri. All’esterno, ancora un piccolo borgo con chiese, case ed orti cintati.


[3] P. FRANCIOSI, E. GOSTI: Maiolo, Ghigi, Rimini, s.d.

 

 

In rosso il tracciato riconoscibile delle murature duecentesche.

 

Spigolo delle mura precedente alla costruzione delle due torri pentagonali.

 

Bocca della cisterna.

 

 

Il filtro della cisterna, intonacato a cocciopesto.

 

Bombardiera quattrocentesca nella torre di Sx.

Torri a puntone di Sigismondo Pandolfo Malatesta.

 

 

La pusterla lato valle.
   

 

IPOTESI  SULLE  FASI  DI  FORMAZIONE  DEL  CASTELLO

 

1)

Ipotetica torre iniziale (XII sec. ???) - Sulle prime fasi di formazione possiamo avanzare solo delle ipotesi: in una delle sopracitate stampe pare di riconoscere una torre maestra prossima alla torre T1, che potrebbe però anche coincidere con l’area c1, e che del tutto ipoteticamente, per similitudine con Verucchio, abbiamo collocato nella posizione “1” della tav. 2.

 

2)

Recinto rettangolare (XIII sec. ?) - L’unica certezza riguardo alle prime fasi di formazione è data da un paramento in pietrame regolare, e perciò presumibilmente duecentesco, che costituisce la parete di fondo della casamatta della torre T2, affiora in alto da uno squarcio nella cortina e mostra uno spigolo all’interno della T1, come riportato nella tav. 1. Pensiamo perciò molto probabile che in tale fase il perimetro esterno della rocca fosse quasi rettangolare e seguisse il perimetro marcato “2”; abbiamo terminato il recinto in corrispondenza della T2 perché successivamente la cortina cambia tracciato, così che la torre sporge planimetricamente in maniera diversa sui due fianchi.

 

3)

Corte c3 e relativa torre (inizi XIV sec. ??) - La torre T3 non è attualmente leggibile, ma le ridotte dimensioni e la mancata sporgenza in pianta, che la qualifica come una torre “a filo”, fanno propendere per una attribuzione al primo XIV sec.; questo potrebbe servire a datare tutta la supposta corte c3.

 

4)

Ipotetico palatium (XIV sec. ???) - Sempre dalle stampe è abbastanza riconoscibile un edificio, a sinistra della T1, sulla cui datazione originaria non si ha la minima certezza, ma che per analogia con tanti altri castelli vicini, Verucchio, Rimini, Gradara e Cesena, ad esempio, si potrebbe reputare un palatium tardo trecentesco (numero “3”).

 

5)

Configurazione quattrocentesca - Poniamo poi con tranquillità la fase quattrocentesca, descritta precedentemente, colle torri a puntone e probabilmente la corte c1, parzialmente delimitata dalla T1, nella quale si apriva l’ingresso della rocca.

 

6)

Modifica finale (fine XV o inizi XVI sec.) - L’ultimo ammodernamento difensivo della rocca è costituito dalla realizzazione di bombardiere alla francese nei torrioni, riconoscibili anche nelle stampe che le mostrano diffuse anche nelle torri del borgo. Questa modifica è certamente avvenuta a cavallo tra il XV ed il XVI secolo, ma poiché nella rocca si associa a rare archibugiere assai inclinate verso il basso (vedi sotto a Sx) è più facilmente assegnabile ai primi decenni del XVI, sull’esempio del torrione del Sangallo a Loreto, degli anni venti del secolo.

 

 

CORTINA  FRONTALE  ANGOLATA

 

La cortina frontale non è rettilinea, ma presenta un lieve diedro al centro: questo è invece un particolare intrigante, perché suggerisce una parentela con rocche della Transizione, come la prossima San Leo, ove la disposizione sembra deliberata, dato che le bombardiere del torrione “b”, in basso nella tav. 1 [1], sono poste in maniera tale da consentire il fiancheggiamento dei due lati della spezzata, incrociandosi, pensiamo, con analoghe traiettorie dall’altro torrione, ipotesi che ci sembra assai plausibile, ma non controllabile perché a sinistra il torrione quattrocentesco è franato e quello attuale un è un rifacimento.

A Maioletto le torri pentagonali non mostrano una simile coppia di bombardiere nei fianchi e per di più la cortina angolata sembra ripetere un tracciato precedente, come diremo oltre, per cui si potrebbe ritenere che anche il diedro della cortina frontale sia una casualità dettata dalla volontà di aderire alla forma della montagna.


[1] La planimetria utilizzata è tratta da F. MONTEVECCHI: Repertorio delle rocche, dei castelli e delle torri, in AA. VV.: Rocche e castelli di Romagna, Alfa, Bologna, 1972, p.176.