Dino Palloni, Massimo Buratti
RIPENSAMENTI QUATTROCENTESCHI NEL DISEGNO DELLA ROCCA DI
MONDAVIO
La rocca di Mondavio fu progettata dall'architetto senese
Francesco di Giorgio Martini, su commissione di Giovanni Della Rovere e
costruita alla fine del quindicesimo secolo, per la difesa del territorio
meridionale del Montefeltro, inglobando i resti di una rocca precedente.
Si tratta di un tipico esempio della "Transizione", cioè del
tipo di fortificazione intermedio fra il castello medievale ed il fronte
bastionato, inventato dai fratelli Antonio il Vecchio e Giuliano Giamberti da
Sangallo alla fine del Quattrocento. I fortilizi della Transizione comportano un
rilevante aumento degli spessori murari, la riduzione al minimo indispensabile
delle cavità all’interno degli elementi difensivi, torrioni e cortine, una
diffusa presenza di casamatte per l’utilizzo di artiglierie a fuoco, disposte
con criteri geometricamente razionali al fine di massimizzare la loro azione
difensiva, soprattutto fiancheggiante, una generale riduzione dell’altezza per
ridurre l’esposizione al fuoco nemico e l’uso generalizzato di rivellini per
coprire con la loro massa gli ingressi e moltiplicare le interruzioni coi loro
ponti levatoi. Tutte queste caratteristiche sono naturalmente presenti in forma
assai sofisticata a Mondavio, giacché Francesco di Giorgio è forse il più
reputato tra gli architetti militari umanistici, grazie anche ai "Trattati di
architettura ingegneria e arte militare", pervenuti in più copie fino ai giorni
nostri e ristampate in edizione critica da Corrado Maltese.
La rocca di Mondavio è estremamente importante perché è
l’unico caso in cui possiamo confrontare le murature col disegno e il testo
descrittivo autografi di Francesco di Giorgio. Infatti le altre rocche descritte
nei "Trattati", Sassofeltrio, Tavoleto, Serra Sant’Abbondio e Mondolfo, sono
andate perdute ed a Cagli resta solo il torrione staccato, del quale peraltro
l’autore mostra la sola vista. Vale anche la pena di ricordare che le
fortificazioni di San Leo, Fossombrone, Santagata Feltria e la celebratissima
Sassocorvaro sono solo attribuite, a maggiore o minor diritto, al grande
architetto senese e nei "Trattati" non sono menzionate affatto.
- IL PROGETTO DI FRANCESCO DI GIORGIO
Il Martini descrive la rocca di Mondavio (fig. 1):
" In una terra del signore prefetto detta Mondavi ho fatto
edificare una rocca con queste parti:
in prima el circuito del[le stanzie e] {1}
ricetto esteriore è di figura pentagona, della quale una
faccia è rivolta verso la terra e lo angulo a quello opposito di fore. In nelli
anguli della faccia verso la terra ho fatto {2} due torricini
massicci eccetto le offese, e nell’angulo opposito del pentagono
{3} uno torrone grosso piedi 50, massiccio in fuori che
le offese, et apresso a questo la stanzia del signore.
Da una delle facce propinque a li torricini ho fatto {4}
uno torrone di diametro piedi cinquanta alto, in figura ovale oblongo,
per lo cui mezzo passa la via, e da ogni parte ha uno ponte levatoio et {5}
uno rivellino et in esso torrone una porta. [In nel mezzo del torrone
per traverso de la ditta via la quale va alla terra ho fatto la intrata della
rocca; da l’altra parte opposita a questa,] apresso all'altro torricino {6}
una torre a otto facce di diametro piedi 55 con la vacuità sua
quadrata contigua con le mura della terra dove è la stanzia del castellano, in
la coniunzione della quale con la faccia ho fatto {7} el
soccorso, col rivellino, et intorno uno fosso circundante tutte li
detti edifici; et in la torre maestra sono tutte le comodità che delle
altre ho descritto, come appare nel disegno".
La rocca prevedeva una residenza per il signore, in quello
che viene chiamato "il ricetto pentagono". Questa duplice valenza è insolita
perché proprio nella Transizione si separano le funzioni militare e
residenziale, con le poche eccezioni addensate nell’area marchigiana, a
Sassocorvaro e Senigallia, oltre a Mondavio e, come ricaviamo dai "Trattati", a
Mondolfo.
La funzione della rocca non è solo di autodifesa, ma anche di
controllo delle comunicazioni dei cittadini con la campagna, tramite la
"Mezzaluna".
Il controllo delle comunicazioni è minuzioso, con un profluvio di ponti
levatoi (fig. 2), a conferma della dominante importanza che veniva attribuita
agli ingressi e della diffidenza nei confronti delle guarnigioni.
Si noti che anche il "soccorso", la pusterla, è dotata di
proprio rivellino, segno dell’importanza attribuita a questo elemento difensivo
in relazione ad ogni comunicazione con l’esterno della rocca; è rimarchevole
anche l’insistita formula, "due torricini massicci eccetto le offese", "torrone
... massiccio in fuore che le offese", per evidenziare la ricerca di grandi
spessori murari già rilevata tra le caratteristiche della Transizione.
Infine ci preme sottolineare la minuziosa cura dedicata nel
testo alle "comodità" necessarie alla vita di tutti i giorni, che altrove
abbiamo definito "aspetti domestici", a favore del castellano e della
guarnigione, tutti ben riscontrabili a Mondavio.
- CONFRONTO FRA DISEGNO, DESCRIZIONE E STRUTTURA ESISTENTE
Il rilievo della rocca ha approfondito con nuove scoperte gli
studi precedenti e il confronto con i "Trattati" ne ha fornito una nuova
interpretazione.
Per determinare e comprendere quanto di originale della rocca
sia stato ideato e quanto oggi pervenuto nonostante l'evoluzione subita, è
opportuno confrontare la descrizione riportata in apertura con lo stato attuale.
Si riscontrano significative differenze fra la struttura esistente ed il
progetto di Francesco di Giorgio, illustrato da testo e disegno, peraltro già
lievemente discordanti fra loro.
Nel disegno alcune bombardiere, oggi fisicamente presenti e logicamente
necessarie non sono riportate, come quelle del torrione fronteggiante il paese
(fig. 3). Il torrione stesso, raffigurato nel disegno, manca nella descrizione:
quindi tra disegno e testo non c’è perfetta corrispondenza. Al contrario del
caso precedente i due "torricini" del testo non compaiono nel disegno ed il
mastio è chiamato "ad otto facce" nel testo mentre è ovoidale nella pianta ed
anche il rivellino del Soccorso" non è raffigurato. Infine, a parte i corpi non
realizzati, tra il disegno e le murature attuali riscontriamo significative
differenze: la "Mezzaluna" presenta una faccia piana che non corrisponde al
disegno ed i rivellini di progetto sono ad accesso laterale, mentre quello oggi
visibile è più banalmente a puntone.
Prendiamo ora in esame i singoli elementi della descrizione
martiniana, nell’ordine di esposizione.
1) "ricetto ... di figura pentagona"
E' rappresentato nel disegno (fig. 4), ma allo stato attuale non esiste.
Doveva costituire la principale parte residenziale della rocca, ma i saggi
effettuati non hanno individuato neppure resti di fondazioni ed è quindi
probabile che non sia mai stato edificato. In prossimità della "Mezzaluna" si
distingue la partenza di muro, con ammorsature libere, alla quale si doveva
agganciare il "ricetto".
2) "due torricini massicci eccetto le offese"
Non figurano nel disegno, come avviene in altre descrizioni
del Trattato, in quanto il Martini integra il disegno con lo scritto, dove cita
i particolari.
I due torricini potrebbero essere individuabili nella
planimetria del Catasto Pontificio [ 1817-1821 ], a ridosso della cinta muraria,
uno posto nei pressi del torrione e l'altro nei pressi del mastio.
3) "uno torrone grosso piedi 50"
Ovviamente anche di questa torre, posta sul vertice del
ricetto pentagonale, non c’è traccia, probabilmente, come si è detto, per la
mancata realizzazione di tutto il corpo residenziale della rocca.
4) "uno torrone di figura ovale, oblongo" (il rivellino
passante semiellittico, detto la "Mezzaluna", fig. 5)
Il compito di questo elemento era duplice: (a) controllo
delle comunicazioni fra Mondavio e l’esterno e (b) protezione avanzata della
rocca, insomma un enorme rivellino. La torre rappresentata nel disegno,
corrisponde al torrione semiellittico e dalla riquadratura muraria presente
all’ingresso del camminamento è possibile dedurre la preesistenza di un ponte
levatoio, come indicato nel disegno martiniano.
Durante gli ultimi lavori di restauro (a cura di M. Buratti)
è emerso che il torrione è edificato sopra un masso in arenaria e la parte
superiore del torrione è composta da una struttura compatta, completamente
realizzata in pieno di mattoni, senza cavità.
5) i "rivellini"
L’unico rivellino sopravvissuto, o forse l’unico edificato, è
quello interno, posto fra la "Mezzaluna" e l’abitato (fig. 6). Dai sondaggi
sembra emergere l'ipotesi che il rivellino a valle sia stato trasformato in modo
da realizzare la rampa d'ingresso tuttora esistente. Il tratto di fossato che lo
circonda, ancora completo di muro di controscarpa, è stato voltato ed ha dato
origine alla piazza Della Rovere. Il rivellino rispetta le norme riportate dal
foglio 53v del Codice Magliabechiano: " Li rivellini dieno essere fatti inanzi
alle porti in defensione di quelle, e fondati in logo sì basso che da le
bombarde non possino essere offesi, e niente dimeno el muro suo debba essere
della altezza delle mura o circa, secondo le comodità...".
Il rivellino a monte, cioè verso il centro storico, esiste
sia nel disegno che allo stato attuale e se pur sovrastato dalla piazza conserva
sostanzialmente l'altezza originale.
Contrariamente al disegno martiniano, come si è detto, il rivellino non
presenta l’escrescenza laterale per l’appoggio del ponte levatoio; inoltre le
sue bombardiere, rimesse un luce dai restauri di Buratti, sono del tipo a
raggiera di laterizio, come quelle sommitali del mastio: ciò induce a collocare
la costruzione del rivellino in una fase terminale dei lavori alla rocca, quando
probabilmente il Martini era impegnato in altre opere ed i lavori erano condotti
da maestri di minor levatura.
Durante gli ultimi lavori di restauro si è constatato che
l’opera di voltatura fu realizzata sicuramente in tre fasi:
1° fase: volta a botte di spessore di 15 cm. ricoperta da
mattoni in piano, databile presumibilmente alla seconda metà del XVI° secolo.
2° fase: volte a botte di forma irregolari e di spessore di
15 cm., databili presumibilmente alla seconda metà del XVI° secolo.
3° fase: volta a botte a tre centri di forma irregolare e di
pessima fattura, fortemente deteriorata, di spessore compreso entro 30 e 45 cm.,
databile presumibilmente nel XVIII° secolo.
Nel diciannovesimo secolo, il volume tra il rivellino e le
mura fu diviso in due piani per ricavarne ulteriori locali, come appare dalle
scarniture delle mura castellane, che dovevano servire da appoggio alle volte.
In fase di scavo, si è verificato non soltanto che il
rivellino era sovrastato da un coronamento di
beccatelli come in molti esempi riportati nei "Trattati", ma
era collegato al torrione con un ponte levatoio protetto lateralmente da un
parapetto fisso in muratura, in modo di consentire una ritirata più sicura dei
soldati assediati sulla terrazza del rivellino.
Durante i lavori di restauro sono state scoperte due
bombardiere pressoché integre ed i resti di altre due, è emerso inoltre che le
volte che appoggiano dal rivellino alle ex mura castellane sono di pessima
fattura, irregolari e di spessore soltanto di una testa e quindi non
contemporanea al rivellino, confermando ancora una volta la natura di questa
costruzione.
Il fossato del rivellino fu voltato per i seguenti motivi:
1] facilitare l'accesso e la circolazione alla rocca, che non
doveva più soddisfare le esigenze di difesa e le capacità offensive per le quali
era stata edificata;
2] realizzazione della piazza sovrastante e di servizio al
Teatro Apollo, in questa occasione si edificò un annesso al rivellino nella
parte più larga del fossato in modo da limitare
l'ampiezza della volta, necessaria a sostenere la piazza
sovrastante;
3] ricavare nuovi locali.
6) "una torre a otto facce" (il mastio)
Il mastio (fig. 7) ingloba una precedente torre quadrangolare, elevata per
realizzare il terzo, quarto e quinto piano ed ampliata così da ospitare la
galleria periferica di protezione basamentale del mastio.
La torre descritta dal Martini con otto facce, ne presenta in realtà otto,
più due rivolte verso l’ingresso per avere un maggiore controllo e soprattutto
ha una disposizione planimetrica ben diversa rispetto al disegno martiniano, che
mostra un profilo a costante convessità, e presenta invece una particolare
pianta con due diedri concavi (fig. 8), sorprendentemente simili ad una torre
del castello di Felino, nel reggiano, attribuito da Perogalli agli anni Ottanta
del XV secolo. Di grande interesse, per la loro rarità, le due bombardiere
casamattate poste sulla sommità del mastio, raggiungibili dalla piattaforma con
brevi rampe discendenti (fig. 9).
7) La "porta del soccorso"
La "porta del soccorso", o "il soccorso" tout court, è sinonimo di
pusterla, perlomeno nel tardo Medioevo, in ampie aree dell’Italia
settentrionale. Quella della rocca di Mondavio sembra essere stata posta, in
epoche distinte, in almeno due collocazioni diverse (fig. 10) , entrambe sul
fronte esterno del mastio (fig. 11). Come si è già accennato, la previsione di
un rivellino dedicato posto innanzi alla pusterla è l’ennesimo segno della
minuziosa cura nella protezione dei percorsi del progetto martiniano.
- ANALISI DELLA BASE DEL MASTIO
Bombardiere alla base del mastio per il tiro radente sul piano di campagna ed
il fondo del fossato (fig. 12)
Al piano più basso del mastio sono presenti due tipi di bombardiere. Le più
antiche (tipo b), hanno la scudatura verso l’esterno della usuale forma a toppa
di serratura rovescia, camera di manovra a pianta trapezoidale coperta con volta
a due gradoni a settore troncoconici; lo sfiato per i fumi di sparo avviene
tramite canne fumarie che si aprono nel cielo della camera di manovra del pezzo
e dopo un breve tratto verticale, nelle intenzioni per favorire il tiraggio,
sboccano obliquamente all’esterno con una finestrella rettangolare. Gli sfiati
ora sono occlusi alla stessa quota, probabilmente a causa dei lavori che hanno
reso inutilizzabili le bombardiere stesse. Alcune bombardiere hanno soltanto
scassi dei travi di fermo del pezzo in un solo lato per gli stessi motivi
riportati precedentemente. Gli esemplari di tipo più antico si trovano ai lati
di casamatte con pianta a doppio delta e sono cieche (fig. 13), cioè sono state
rese inutilizzabili dalla muratura che forma i fianchi delle camere di manovra
delle bombardiere più recenti.
Le bombardiere più recenti (tipo a, fig. 14) si distinguono per la
soffittatura a botte, per la gli sfiatatoi costituiti da una finestrella
sull’esterno ricavata direttamente nella parte frontale della casamatta e per la
pianta assai più allungata.
Galleria periferica di servizio alle postazioni di tiro
Tutte le casematte del livello di fuoco inferiore, sono disimpegnate da una
galleria periferica di servizio (fig. 15) realizzata contemporaneamente alle
cannoniere cieche: la seconda serie di casamatte è stata infatti appoggiata al
paramento esterno del fortilizio precedente, come dimostra la loro conformazione
a scarpa e la stilatura delle fughe di malta, tipica di un paramento esterno.
La presenza di consimili gallerie di servizio alle
bombardiere si riscontra in rocche che rappresentano lo "stato dell’arte" della
fine del Quattrocento: citiamo la Rocca Brancaleone di Ravenna, opera veneziana
del 1456-67, la rocca di Ostia di Baccio Pontelli, 1483-84, Acquaviva Picena,
sempre di Baccio Pontelli, il puntone di Fossombrone, altra opera quasi
certamente martiniana, ed il forte di Sarzanello, della scuola del Francione,
del 1492.
Le due tornate di lavori, galleria periferica con bombardiere
più antiche e successivo aumento di spessore con bombardiere più recenti, si
possono datare entrambe, in base a considerazioni tipologiche, alla seconda metà
del Quattrocento. Non dubitiamo, quindi, che la galleria anulare sia dovuta ai
lavori originari, probabilmente seguiti direttamente, di Francesco di Giorgio,
anche per la perfetta aderenza delle relative bombardiere alle istruzioni ed
alle immagini contenute nei "Trattati".
- Cavità alla base del mastio
Nei restauri di M. Buratti si sono scoperte almeno due camere
cave di pianta ovoidale, coperte con pseudo volta a sbalzo, inaccessibili e
poste sul lato esterno ove maggiore è lo spessore murario, che ci saremmo
piuttosto aspettati di trovare terrapienate ed alle quali stentiamo a dare una
spiegazione plausibile. Il grande architetto senese, peraltro, possedeva
un’inventiva fervidissima che mette a dura prova la nostra capacità di
comprensione. Anche i condotti, apparentemente inutili, nel pavimento della
piattaforma del torrione di Cagli non hanno finora trovato una spiegazione
soddisfacente e dimostrano che nei "Trattati" non tutti i ritrovati martiniani
sono esaurientemente spiegati. Probabilmente la funzione di questi ed altri
particolari inspiegabili va ricercata nel tentativo di escogitare sempre nuovi
espedienti per ridurre gli effetti della guerra di mina (Cagli) o la sempre
maggiore potenza delle artiglierie (Mondavio).
- IPOTESI SULLA CONFIGURAZIONE ORIGINARIA DEL MASTIO
Sulla base delle considerazioni precedenti riteniamo che nel tratto convesso
del mastio la facciata martiniana originaria (fig. 16) sia nascosta da un
ingrossamento successivo ed un ulteriore indizio ne è dato dalla presenza del
redondone solo sulla parte convessa.
Pare plausibile che in seguito al miglioramento delle
applicazioni della polvere da sparo vi sia stato un ripensamento (da parte del
Martini stesso o più probabilmente da un maestro muratore attivo sul posto) per
adeguare la fortificazione alla nuova situazione con l’aumento degli spessori
murari della struttura scarpata.
La lettura delle murature conduce infatti univocamente a
ritenere che il mastio nel primo disegno martiniano fosse protetto alla base da
una serie di capannati racchiudenti le bombardiere per il tiro fiancheggiante,
addossati ad una torre prismatica simile a quella visibile in alcune pagine dei
"Trattati" e descritti da Francesco di Giorgio nel foglio 54v del Codice
Magliabechiano: "Io ho immaginato una difesa di brevissima spesa, che piccolo
tempo ricerca ad oprarla, sed in ogni loco facilmente si possono applicare. La
quale difesa essendo in forma di capanna è parso [di] chiamarlo capannato. Per
la notizia del quale è di sapere che nelle profondità del fosso, o piccolo o
grande che sia, dove non ponno le bombarde balestre o altri teli delli inimici
offendere, si debba edificare una stanzetta di muro grosso piedi 5 in 6 o più a
beneplacito, con le offese intorno, e lo diametro della sua vacuità in
latitudine sia in piedi 12 in 14, et in altezza [piedi] 8, con li [soi] fumenti,
acciò che li balestrieri e bombardieri voltandosi le spalle l’uno all’altro
senza impedimento possino esercitare la opera loro …".
La modificazione del perimetro di sedime massimo della torre maestra spiega
finalmente anche la superficie svergolata (fig. 17) di alcuni lati della scarpa,
resa necessaria dalla necessità di raccordare due segmenti non più complanari,
appartenenti l’uno alla parte verticale, immutata, e l’altro alla partenza della
scarpa, di giacitura diversa rispetto all’originale in seguito all’inglobamento
delle caponiere.
Resta ignota la configurazione dei capannati in ipotesi (fig. 18), che
peraltro riteniamo ancora presenti perché inglobati nell’accrescimento
successivo e che potrebbero essere riportati in luce, o almeno rilevati con
certezza, tramite sondaggi murari di non enorme momento e condotti a partire
dall’esterno. Sorprende che dal 1986, data della nostra prima formulazione
pubblica di tale ipotesi, non sia stato ancora possibile verificare la
consistenza originaria di un monumento tanto significativo, opera autografa di
uno degli architetti quattrocenteschi più celebrati d’Italia.
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Cronologia documentale
XIV° sec.:
nei registri dei lavori effettuati per la manutenzione della
fortificazione nel 1396, si menzionano il ponte della torre, i coppi del
cassero, la "straccha" (?) del ponte del cassero, la cisterna.
XV° sec. (inizio):
il torrione e la torre (trasformata in cassero) sono
collegati con un camminamento.
XV° (fine):
Francesco di Giorgio Martini potenzia la fortificazione,
affinché essa possa rispondere con efficacia alle esigenze difensive e
offensive:
XVII° sec. – XVIII° sec.:
la rocca subisce nel tempo varie modifiche strutturali, in
seguito alle quali, le parti orizzontali, che erano collegate dai ponti levatoi
e dalle scale, furono sostituite da rampe, in modo da facilitare la circolazione
e l’accesso alla costruzione, non dovendo più soddisfare le esigenze di difesa e
le capacità offensive per cui era stata edificata.
XIX° sec.:
nella prima metà del diciannovesimo secolo, la torre di
rinfianco è utilizzata come mulino a vento. Successivamente il resto della
fortificazione viene adibita a carcere, destinazione che si protrae fino al
termine della II° guerra mondiale.
XX° sec.:
nell’immediato dopoguerra, il rivellino è utilizzato come
mattatoio per alcuni decenni.
DIDASCALIE
Fig. 1 – Schema sinottico a blocchi funzionali del progetto martiniano,
integrante testo e planimetria.
Fig. 2 – Nel progetto sono presenti ben sette ponti levatoi, dei quali
cinque nel grande rivellino semiellittico, due per ogni rivellino esterno ed uno
a cavaliere del percorso interno, con la duplice funzione di interrompere le
comunicazioni fra Mondavio e la campagna e di impedire l’accesso al corpo più
interno della rocca. Altri due ponti levatoi sono nella torre maestra a
protezione dell’ingresso principale e della pusterla, la "porta del soccorso".
Fig. 3 – Il torrione in primo piano proteggeva la corte della residenza
signorile verso l’abitato, dominando l’immenso fossato. Il torrione è stato
chiaramente sopralzato. I merli annegati nella soprelevazione sono
presumibilmente originari, salvo analisi tecnico-fisiche più approfondite. Nei
"Trattati", del resto, si mostrano invariabilmente merli di tipo convenzionale.
Fig. 4 – Probabilmente tutta la parte in chiaro è rimasta inedificata,
così come il rivellino verso la compagna. Con la mancata realizzazione di tutto
il corpo residenziale la rocca di Mondavio si configura come fortilizio puro, e
si riporta involontariamente in armonia colla tendenza delle rocche della
Transizione.
Fig. 5 – Il rivellino semiellittico, detto "la Mezzaluna", è ancor oggi
uno straordinario snodo di comunicazioni: trivio fra Mondavio, la campagna e la
rocca. Snodo tanto più importante all’epoca della sua costruzione, quando alle
considerazioni urbanistiche si aggiungevano quelle, di vitale importanza, di
natura militare.
Fig. 6 – Il rivellino "verso la terra", posto fra la "Mezzaluna" e
Mondavio, è rimasto per molti anni nascosto sotto la piazza Della Rovere,
originata dalla sua cimatura e dalle volte che hanno nascosto il fossato
circostante.
Fig. 7 – L’inconfondibile sagoma della torre maestra della rocca mostra
in sommità bombardiere a raggiera di laterizi svasata e beccatelli allungati
inconfondibilmente tardo quattrocenteschi che sarebbero incompatibili col
parapetto a merloni di una fortificazione "alla francese".
Fig. 8 – Il mastio rivolge contro il resto della rocca un raro profilo
tanagliato. Al centro il ponte levatoio a singolo bolzone contrasta coi precetti
espressi dal Martini, che nei "Trattati" si esprime a favore del sollevamento a
catena diretta, per evitare che il tiro assediante provochi la caduta del
pontile.
Fig. 9 – Una delle bombardiere casamattate accessibili dalla piattaforma
del mastio, del tipo a raggiera di laterizi con traguardo di mira staccato.
Questa soluzione è abbastanza insolita e probabilmente riferibile alla
percezione della nuova fragilità dei parapetti merlati medievali a fronte dei
progressi dell’artiglieria.
Fig. 10 – L’apertura, prima ristretta e poi tamponata, sembra costituire
la prima pusterla della base del mastio. Anche qui un modesto saggio murario
potrebbe stabilire la consistenza di questa ipotesi. La collocazione sarebbe
compatibile colla localizzazione descritta nel testo dei "Trattati".
Fig. 11 – In un’immagine prima del restauro è ben visibile, in basso a
sinistra, la sede del ponte levatoio a singolo bolzone che difendeva la seconda
versione della pusterla del mastio della rocca. La diverse quote di scarpa e
l’assenza, sulla sinistra, di paramento verticale, costituiscono la conferma che
il profilo della torre è stato modificato, in corso d’opera o poco dopo.
Fig. 12 – Nello schema planimetrico 1 sono riportate le bombardiere ora
attive della base del mastio, a e b’’. In 2 le undici bombardiere
del progetto originario, accecate dalla modifica proposta nel testo. In 3
un’ipotesi della conformazione martiniana originaria, si notino le casamatte a
doppio delta, tuttora presenti. Non è stato possibile formulare ipotesi
consistenti per il tratto contrassegnato dai punti interrogativi.
Fig. 13 – Una delle bombardiere tipo b, con tiro fiancheggiante da
uno degli ipotizzati capannati martiniani, con foro a toppa rovescia, scudatura
mista in laterizio e pietra, camino di sfiato dei fumi superiore e cofano in
muratura per una più agevole manovra del pezzo. Si intravede il riempimento che
occlude il foro di passaggio della volata del pezzo.
Fig. 14 – Al piano superiore del mastio le bombardiere sono tutte del
tipo a, con foro circolare e traguardo di mira staccati e sfiato dei fumi
a finestrella diretta, senza il breve tratto di canna verticale del precedente
tipo b. Anche la camera di manovra è di forma diversa e molto più ampia,
areata in profondità da sfiati a camino. Esemplari assimilabili sono presenti ad
Acquaviva Picena (AP), opera di Baccio Pontelli, che presenta altre similarità
con Mondavio: scarpa fino allo spicco dei beccatelli e galleria di scarpa di
servizio alle bombardiere.
Fig. 15 – La galleria anulare di servizio alle bombardiere poste a quota
del fondo del fossato costituisce una caratteristica di assoluta modernità, per
il Quattrocento, ed è da considerare quasi certamente di mano diretta di
Francesco di Giorgio.
Fig. 16 – Sul lato del mastio opposto all’abitato si nota una ripresa
angolare di giacitura del paramento esterno, che lascia un tratto incompiuto di
sezione triangolare e rafforza l’ipotesi di un cambiamento di giacitura della
parete esterna dell’enorme scarpa. L’arco di sostegno in basso, benché marchi
anch’esso una differente angolazione dei paramenti, potrebbe essere un indizio
della soluzione terminale di possibili capannati troncoconici.
Fig. 17 – Nei "Trattati" sono mostrate varie fogge di capannati; le
casamatte a doppio delta della rocca potrebbero essere state utilizzate sia per
una forma troncopiramidale a base pentagona, come quella di sinistra, che per
una costruzione a capanna, a destra. Un sondaggio murario, facilmente
praticabile dall’esterno, consentirebbe di scoprire la soluzione utilizzata a
Mondavio.
Fig. 18 – Il diverso allineamento fra vecchio e nuovo allineamento di
partenza della scarpa del mastio in seguito alle modifiche del progetto
originario ha costretto gli esecutori a realizzare un paramento svergolato, che
è stato in passato erroneamente interpretato come ricerca di superfici sfuggenti
ai colpi delle artiglierie.