MONTEFIORE CONCA


 

Castrum Montis Floris, è attestato a partire dal 1170, anno in cui si ribella al possesso del Capitolo della cattedrale, per darsi al Comune di Rimini ed entra nei possessi malatestiani nel 1331. Sembra che fosse una sorta di "residenza estiva" dei Malatesta, che vi ospitano, nel corso degli anni, personalità politiche del massimo rilievo, come Luigi d’Angiò, re d’Ungheria, che nel 1347 vi arma cavaliere Malatesta Ungaro, che prende il nome dall’episodio. Il cardinale Anglico, nel 1371, riporta una guarnigione di dieci armigeri al comando dell'immancabile castellano. Appartiene alla potente famiglia riminese fino al 1462, quando, dopo un breve assedio, viene conquistato da Federico da Montefeltro per conto della Santa Sede.

 


 

 

Si potrebbe chiamare un “castello a pozzo”, perché con ogni probabilità le alte ali residenziali proseguivano alla medesima altezza tutt’attorno alla corte centrale. Alla base del corpo principale, una cinta di mura basse, probabilmente più tarde, assicurava una miglior difesa perimetrale. La stesura trecentesca prevedeva una grande disponibilità di spazi residenziali lussuosi, come testimoniano i residui affreschi, in corso di restauro. La pianta irregolarmente ovoidale con perimetro quasi completamente edificato suggerisce un’origine duecentesca, che ha probabilmente condizionato gli sviluppi successivi. In rosso il percorso di accesso, in viola la falsa braga ed in verde la torre staccata ed il suo collegamento con il castello.

 

 

Immagine del castello nella prima metà del Novecento.

 

Ipotesi di distribuzione delle funzioni all'interno del castello

 

 

Vista del castello da nord est, completato nelle elevazioni mancanti e nel coronamento merlato. La presenza all’origine di un parapetto merlato, scomparso col tempo, è praticamente certa perché le pitture medievali mostrano questa caratteristica anche in edifici di ben minore importanza. Alla base la falsa braga e la torre staccata.

 

 

Il castello visto dal colle vicino. Nel riquadro in basso a destra lo schema dei tiri consentito dalla falsa braga, probabilmente aggiunta da Sigismondo Pandolfo Malatesta alla metà del Quattrocento. La quantità di finestre, purtroppo di ricostruzione, suggerisce la grande disponibilità di spazi residenziali.

 

 

Immagine ricostruttiva di G. Maccioni.

 

La grande sala di Montefiore era inizialmente voltata a botte ogivale (sagome tratteggiate gialle) ed è stata successivamente sopralzata e trasformata in doppia crociera. La sala adiacente è interamente coperta di sontuosi affreschi, come nei castelli della Manta (CN), Angera (VA) o Beldiletto (MC), più o meno coevi.

 

 

Nella sezione verticale si possono notare le due quote di tiro difensivo offerte dalla falsa braga (frecce rosse), il percorso della via di fuga tramite la torre staccata (linea tratteggiata verde) e l’altezza della grande sala (in giallo).

 

 

I castelli signorili erano solitamente disposti a cavallo delle mura cittadine, per consentire al signore la comunicazione fra città e contado a suo piacimento. Quando il castello è circondato dall’abitato, è spesso fornito di un passaggio, solitamente soprelevato, con l’esterno. A Montefiore questa libertà di comunicazione è assicurata da un muro a doppia difesa, una torre scalare ed una ulteriore scala murata alla base della torre.

 

Nei recenti lavori è stato scoperto questo interessantissimo tetto nascosto, sotto il rinfianco del terrazzamento moderno. Nei castelli, infatti, i tetti erano solitamente a doppia falda, ma per evitare di esporli al tiro delle catapulte assedianti si teneva il colmo del tetto a quota inferore rispetto ai muri esterni. In basso a destra, nello schema, sono mostrate le falde ad embrici, in rosso, e le canalette di raccolta dell’acqua piovana, in giallo. (Per l’immagine si ringrazia V. Piazza, Soprintendenza ai Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna)