SAN LEO


 

La rupe di San Leo diede il nome all’intero Montefeltro. L’eccezionale posizione naturale la predestinava alla fortificazione e come tale Berengario II nel 961 la eresse al rango di capitale d’Italia. Dominio della diocesi feretrana fino al 1154, diede il nome ad un ramo minore dei Carpegna che presero il nome di conti del Montefeltro che furono poi nominati dall’imperatore Federico II conti di Urbino. Contesa dapprima tra il vescovado ed i Montefeltro e poi tra questi ultimi ed i Malatesti. Alla caduta di Sigismondo la città e la rocca finirono nei possessi di Federico II da Montefeltro e quindi ai della Rovere. Nonostante le difese naturali la rocca fu espugnata più volte, per fame, per tradimento e persino per scalata. L’ultima conquista militare avvenne nel 1516 per mano delle milizie medicee.

 


 

 

La posizione naturale impone una pianta triangolare, in cui solo un lato è aggredibile.

 

 

 Il castello malatestiano (in viola) consiste in una struttura ad “L”. La rocca fu ampliata e rafforzata nella seconda metà del Quattrocento da Francesco di Giorgio Martini con l’anteposizione di una grande muraglia angolata il cui fronte è spazzato dal fuoco laterale incrociato di due torrioni cilindrici (in azzurro), tipici di quel momento storico, la cosiddetta “Transizione”. Ad est una bassa corte (in rosa), con una torre cilindrica minore, poteva alloggiare truppe in transito. Le bombardiere interne del torrione Tsud sono poste in modo da tirare tangenzialmente ai due tratti della cortina (frecce rossa e verde).

 

 

La muraglia ed i torrioni cilindrici si comportano come una grande “falsa braga”, sulla quale porre artiglierie di grosso calibro, per tenere lontano le artiglierie assedianti. Il torrione a sinistra, Tovest, fu ricostruito dopo che l’originale era stato travolto dal crollo di una parte della rupe. La cortina centrale è angolata, come a Brisighella, Maioletto e Casale Monferrato.

 

 

L'accesso alla rocca segue un percorso tortuoso ed attraversa tre porte difese (a tratteggio).
L'ultima, in particolare, avviene mediante una torre portaia ad accesso laterale, abbastanza insolita.

 

Tra le tante rocche del Montefeltro attribuite a Francesco di Giorgio Martini, San Leo molto probabilmente è veramente dovuta alla mano del maestro senese per l’uso di vistose cornici decorative (frecce rosse) che abbondano nelle immagini dei suoi celebri “Trattati di architettura ingegneria e arte militare” e si riscontrano, per la verità, solo nel torrione di Cagli. Le frecce gialle mostrano la posizione delle bombardiere che coprono con tiro tangenziale i due tratti della cortina angolata.

 

 

L’interno di una delle bombardiere del torrione sud. E’ dotata di due camini di sfiato dei fumi, (frecce gialle), che provvedevano ad evacuare all’esterno le acri esalazioni della polvere nera emesse al momento del tiro. Le artiglierie fuoriuscivano dal torrione per tramite di un foro apposito (freccia rossa). In basso (freccia verde) un pieno di muratura, il “cofano di affustaggio”, era utilizzato per appoggiare il pezzo. La validità dell’attribuzione a Francesco di Giorgio si fonda anche su alcuni particolari di questo complesso di postazioni.

 

 

Una vista ravvicinata delle cornici decorative (frecce rosse) che ornano la rocca e che costituiscono uno dei maggiori indizi per l’attribuzione a Francesco di Giorgio. Nel circoletto giallo la scudatura di una delle bombardiere che coprivano l’ingresso.

 

Nelle parti più protette dalle intemperie si sono conservate tratti della colorazione esterna: come si vede, la rocca è stata nel tempo pitturata in giallo ed in rosso. In basso, la trave su cui sono ancora fissate le cerniere dei bolzoni, le travi contrappesate che consentivano l’innalzamento del ponte levatoio.