VERUCCHIO


 

Castrum Veruculi alla fine del XII secolo risulta in possesso dei Malatesta, i quali lo concedono al Comune di Rimini. Vi è forse nato il capostipite della dinastia, Malatesta da Verucchio, ricordato da Dante. Nella prima metà del Trecento, durante le lotte intrafamiliari dei Malatesta, appartiene a Ferrantino. Abbondamente rinforzato ed ampliato da Sigismondo Pandolfo è conquistato con l’inganno nel 1462 da Federico da Montefeltro. La Santa Sede, nel Cinquecento, lo infeuda ai Medici, ai Comneno ed ai Pio da Carpi. Attualmente è di proprietà pubblica ed ospita manifestazioni, mostre ed esposizioni.

 


 

 

Veduta del castello dal colle adiacente.

La “Rocca del Sasso” di Verucchio è un castello di crinale, in cui un lato è difeso da una parete a picco che ha imposto uno sviluppo molto allungato, come altri esemplari del territorio riminese (San Giovanni in Galilea e Maioletto). Composto da mastio, palatium ed edifici accessori, è stato ampliato più volte nella direzione parallela allo strapiombo. Particolarmente rilevante l'aggiunta verso sud est di una spianata per la postazione di artiglierie pesanti, uno "spalto", da parte di Sigismondo, che vi pone una sua lapide. Il relativo riempimento di materiali è, in termini archeologici, un "deposito sigillato" agli anni quaranta del XV secolo e potrebbe essere scavato con proficui risultati. (Schema planimetrico semplificato)

 

 

 

Lungo lo strapiombo si inerpica un sentiero (linea tratteggiata gialla) che accede al castello da un ingresso tradizionalmente chiamato “la porta di ferro”. Il sentiero fu utilizzato nel 1463 dai soldati di Federico da Montefeltro che conquistarono il castello presentandosi come rinforzi malatestiani, preannunciati da una falsa lettera di Sigismondo.

Lungo lo strapiombo alcuni vistosi spigoli (frecce rosse) marcano gli accrescimenti del castello nel tempo.

 

Ipotesi delle principali fasi di formazione del castello prima di Sigismondo Pandolfo Malatesta

 

 

 

Il mastio, o torre maestra, sembra la seconda torre in muratura edificata nel castello; è probabilmente dovuto ad un intervento del Duecento, come suggerisce la costruzione in conci di uguale altezza per ogni strato (isodomi). Le mura sono di enorme spessore, tanto da far sorgere il dubbio che sia stato effettuato un rifasciamento.

 

 

L’attuale sala del castello occupa una superficie più ampia di quella del palatium di Sigismondo. Viene utilizzata per manifestazioni ed è stata allestita in maniera da richiamare suggestioni medievali senza cadere nel manierismo della ricostruzione d’ambiente.

 

 

Su due lati della base della torre più antica si trovano due locali voltati che sono certamente stati adibiti a cisterna –tracce di intonaco impermeabile in cocciopesto e bocca di attingimento con vera da pozzo- e che sono stati fantasiosamente definiti “sala di tortura” dall’allestimento del 1950. E’ probabile, per analogia con altri castelli di Sigismondo –Rimini, Mondaino e Santarcangelo- che fossero originariamente riempiti di terra e successivamente siano stati svuotati e adibiti a cisterna supplementare. Negli schemi in basso, la torre, la torre con muro antistante –“braga”- (in giallo) ed infine lo spazio fra i due occupato dai vani voltati e terrapienati (in rosso).

 

 

La suggestiva scala che conduce alle bombardiere posta alla base del torrioncino poligonale ovest.

 

 

Il castello fu rinforzato lungo il crinale verso il Marecchia con due torrioncini poligonali, uno dei quali è crollato in seguito ad una frana. Alla base del torrioncino superstite si trova una serie di bombardiere del tipo “quattrocentesco classico”, come schematizzato nel disegno al centro in basso.